E’ con vero piacere che ospitiamo questo articolo, appositamente elaborato per OCR, da Massimiliano Crisci, Demografo e Ricercatore del CNR(Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali – IRPPS), che per primo si è accorto di come il calo dei valori immobiliari stava favorendo un ritorno in Città delle famiglie.
CALANO I VALORI IMmobiliari e frena la diffusione residenziale: governare la riurbanizzazione di Roma – di Massimiliano Crisci
Dopo quasi mezzo secolo di intenso spopolamento della città compatta, da alcuni anni a Roma è in atto un forte rallentamento della diffusione residenziale e l’urban core ha smesso di perdere residenti. La crisi del settore immobiliare e la diminuzione dei prezzi degli appartamenti stanno infatti permettendo a molte famiglie di rimanere a vivere nella città consolidata o di riavvicinarsi al centro cittadino. Si tratta di una fase di riurbanizzazione che potrebbe avere degli effetti virtuosi, riducendo i gravi squilibri sociali, ambientali ed economici prodotti da decenni di diffusione urbana. E’ però necessario che chi governa il territorio sostenga attivamente il ritorno dei romani in città e faccia sì che in futuro andare a vivere fuori Roma non sia più una scelta obbligata dagli elevati costi immobiliari.
La diffusione urbana di Roma (1970-2008): spopolamento della città compatta, costi collettivi e disuguaglianza sociale
Dai primi anni ’70 l’area romana ha vissuto un forte processo di diffusione abitativa che ha redistribuito i residenti dalla città compatta alle aree più esterne, ovvero le zone dell’agro comprese nell’enorme territorio del comune di Roma e i comuni dell’hinterland. Fino agli anni ’80 la diffusione è stata alimentata soprattutto dal dilagare dell’abusivismo edilizio – sia “di necessità” che, sempre più spesso, speculativo – e spesso ha interessato delle famiglie “allargate”, dal nonno al nipote. Nella loro fase più recente, gli spostamenti in uscita da Roma sono stati invece più selettivi e hanno coinvolto essenzialmente giovani single, sia italiani che stranieri, e famiglie di nuova formazione con figli in tenera età, spesso impossibilitate per i costi immobiliari a trovare casa nei quartieri di origine, dove sono rimasti a vivere da soli i genitori anziani.
Il core urbano di Roma (vedi mappa) è stato così sottoposto ad un rilevante invecchiamento e spopolamento, quest’ultimo legato anche al calo delle nascite e all’aumento dei decessi di una popolazione sempre più anziana. Nell’arco di 40 anni la città compatta è passata da 2,2 a 1,5 milioni di residenti, perdendo oltre 700mila abitanti, in gran parte persone in età lavorativa che hanno visto allungare il percorso e i tempi degli spostamenti quotidiani casa-lavoro, dato che le strutture produttive sono rimaste in gran parte prossime al centro o si sono parcellizzate in aree non servite dal ferro.
Mappa – Le fasce urbane di Roma

Si è trattato di una diffusione residenziale a forte consumo di suolo che ha spalmato la popolazione della città in modo caotico e non pianificato, in aree a bassa densità poste a grande distanza dal centro e spesso accessibili solamente con il trasporto privato. Questo modello insediativo dispersivo ha prodotto – e continua a produrre – rilevanti costi collettivi a livello ambientale (inquinamento atmosferico, consumo energetico e del suolo), della salute pubblica (alta incidentalità), della fornitura di servizi pubblici locali, come trasporti e raccolta rifiuti, che peraltro nelle periferie esterne stentano a raggiungere standard qualitativi adeguati. Senza dimenticare gli storici squilibri nel sistema della mobilità, con Roma che è di gran lunga la capitale europea dove più si utilizza l’automobile ed è la seconda città al mondo per tempo perso nel traffico (Inrix 2019).
Gran parte di questi costi collettivi e dei relativi disagi non sono distribuiti equamente tra i cittadini romani, ma rimangono a carico soprattutto della popolazione “periurbana”. Una popolazione di fatto marginale che sconta una situazione di disuguaglianza sociale, aggravata dal fatto che l’allontanamento dei giovani adulti nelle periferie impatta anche sulle relazioni e sui legami di mutuo aiuto e assistenza tra generazioni della stessa famiglia (figlio-genitore anziano, nonno-nipote), indebolendo ulteriormente un welfare familiare già da tempo sotto pressione.
Con la crisi immobiliare si ridimensiona la diffusione residenziale e si interrompe lo spopolamento della città compatta
All’indomani della crisi del 2008 il processo diffusivo ha subito una brusca frenata e nel 2016 la perdita migratoria di Roma verso i comuni dell’hinterland è tornata addirittura sui livelli della fine degli anni ’60 – intorno ai -2mila residenti all’anno – dopo essersi attestata a lungo sui -10mila residenti annui.
In particolare, il saldo migratorio tra le fasce urbane della capitale e l’hinterland dopo la crisi è diminuito di oltre quattro volte rispetto a prima della crisi. Nel periodo 2003-08 la città compatta e la periferia esterna al Gra perdevano in media ogni anno 4 residenti ogni mille a favore dell’hinterland, valore che arrivava al 5 per mille nella periferia interna al Gra, mentre nel periodo 2013-16 la perdita migratoria verso l’hinterland è scesa ovunque all’1 per mille (Tabella 1).
Tabella 1 – Saldo migratorio tra le fasce urbane della capitale e gli altri comuni della provincia di Roma (hinterland). Periodi 2003-08 e 2013-16.Valori medi annui per mille residenti nell’area. (elaborazione nostra su dati anagrafici)

Allo stesso tempo, dopo quattro decenni la città compatta negli ultimi anni ha interrotto il suo spopolamento, grazie ad un saldo migratorio con l’estero in calo ma ancora ampiamente positivo, all’aumento degli ingressi dal Mezzogiorno e, soprattutto, alla forte diminuzione dei trasferimenti di domicilio verso l’hinterland e le periferie della capitale. Prima della crisi (periodo 2003-08) il core urbano perdeva ogni anno 5 residenti ogni mille a favore dei quartieri periferici, con un saldo migratorio del -2 per mille con la periferia interna al Gra e del -3 per mille con la periferia esterna al Gra (Tabella 2). Dopo la crisi (periodo 2013-16) la perdita migratoria della città compatta nei confronti della periferia urbana è crollata all’1,2 per mille ed è equamente distribuita tra i quartieri interni ed esterni al Gra (-0,6 per mille).
Tabella 2 – Saldo migratorio tra l’urban core di Roma e le fasce urbane periferiche della capitale. Periodi 2003-08 e 2013-16. Valori medi annui per mille residenti nell’urban core. Fonte: nostra elaborazione su dati anagrafici.

Il rallentamento della diffusione residenziale è dovuto soprattutto alla diminuzione dei trasferimenti centrifughi dei giovani adulti e delle famiglie con bambini in età prescolare e appare strettamente legato allo scoppio della bolla immobiliare e in generale alla crisi del settore del real estate, che nella prima parte degli anni duemila aveva reso insostenibili per tante famiglie i costi delle abitazioni nel core urbano. Nell’area romana, infatti, uno degli effetti della crisi è stata la forte diminuzione dei valori degli appartamenti in vendita e in affitto.
Raffrontando le quotazioni immobiliari medie degli appartamenti in vendita nell’area romana a qualche anno dalla crisi (1° semestre 2016) con quelle precedenti la crisi (2° semestre 2008) si nota che (Tabella 3):
– in diversi quartieri semicentrali i valori sono divenuti simili a quelli di molte aree della periferia interna al Gra prima della crisi (circa 3.500 euro al m2);
– in diverse aree della periferia interna al Gra i valori sono divenuti simili a quelli della periferia esterna al Gra prima della crisi (circa 2.700 euro al m2);
– nella periferia esterna al Gra i valori sono divenuti simili a quelli pre-crisi nei comuni dell’Hinterland (circa 2.200 euro al m2).
In sostanza, si può ritenere che grazie al calo dei valori immobiliari successivo alla crisi (in media circa -20%) molti romani, a parità di budget, abbiano avuto la possibilità di accedere al mercato immobiliare privato trovando un’abitazione ad una distanza assai inferiore dal centro cittadino rispetto a solo pochi anni prima.
Tabella 3 – Quotazione immobiliare di alcune macroaree romane nel 2° semestre 2008 e nel 1° semestre 2016 (valori medi in euro) e variazione percentuale. Fonte: Crisci e Santacroce (2019). Elaborazione su dati dell’Agenzia del Territorio, Osservatorio del Mercato Immobiliare.

Riportare i romani in città: verso una densificazione della città compatta?
Per lungo tempo chi ha amministrato Roma non si è occupato delle ricadute delle dinamiche residenziali sulla qualità della vita dei cittadini, lasciando che fosse il mercato a decidere chi poteva permettersi di rimanere in città e chi doveva lasciarla. Da alcuni anni, paradossalmente, è stato proprio il mercato ad invertire la tendenza diffusiva. L’esplosione della bolla immobiliare ha provocato un potente shock al mercato abitativo che potrebbe avere innescato una nuova fase nello sviluppo urbano della città. Una fase nella quale la stessa ”cultura della diffusione urbana”, che aveva improntato decenni di intenso sprawl urbano, potrebbe avere subito un duro colpo a favore di un “ritorno all’urbano”.
Dietro lo spopolamento della città compatta dagli anni ’90 in poi, si può ritenere che spesso non ci sia stata una scelta di vita “antiurbana”, ma una scelta obbligata dalle condizioni del mercato abitativo. Come spiegare altrimenti il fatto che, una volta crollati i prezzi degli appartamenti, coloro che vivono nella città compatta non hanno continuato a riversarsi fuori dal Gra o nei comuni dell’hinterland, ma sono rimasti dov’erano, nella città densa, dove hanno i legami familiari e relazionali e dove si trova il loro lavoro?
In tempi di stagnazione economica e di serrato controllo della spesa pubblica, la qualità della vita dei romani si può migliorare non solo portando servizi e infrastrutture in porzioni incomplete di città immerse nell’agro romano, ma anche favorendo il ritorno dei cittadini nei quartieri che più hanno sofferto l’invecchiamento e la diminuzione della popolazione residente e che già sono dotati di servizi di livello medio-alto e accessibili con mezzi di trasporto ecologici o collettivi su ferro.
Un intento che potrebbe essere perseguito attraverso un aumento dell’offerta abitativa in specifiche zone della città compatta, incoraggiando forme di densificazione “sostenibile” con molteplici misure ad hoc: dal riutilizzo con finalità residenziali di aree dismesse o inutilizzate (caserme, depositi, capannoni) al frazionamento degli appartamenti di grande metratura.
In sostanza, l’obiettivo di favorire il “ritorno dei romani in città” potrebbe, da un lato, consolidare una nuova fase urbana dalle potenzialità virtuose, dall’altro, rappresentare un primo passo per sanare alcuni degli storici squilibri territoriali dell’area romana e le relative ricadute a livello sociale, economico e ambientale.
Riferimenti bibliografici
Crisci M. (2010), Italiani e stranieri nello spazio urbano. Dinamiche della popolazione di Roma, Franco Angeli, Milano, pp. 1-216.
Crisci M. (2016), “Migrazioni e trasformazione urbana. Roma 1870-2015”, in M. Colucci, S. Gallo (a cura di), Rapporto 2016 sulle migrazioni interne in Italia, Donzelli Editore, Roma, pp.47-69.
Crisci M. (2018), “Il rallentamento della diffusione residenziale nell’area romana: un fenomeno da governare”, in E. d’Albergo, D. De Leo (a cura di), Politiche urbane per Roma. Le sfide di una capitale debole, Sapienza University Press, Roma, pp. 37-46.
Crisci M., Santacroce A. (2019), “Rome after Sprawl: a Return to the Compact City?”, in Canepari E. & Crisci M. (eds.), Moving Around in Town. Practises, Pathways and Contexts of Intra-Urban Mobility from 1600 to the Present Day, Viella, Roma, pp.63-79.
INRIX (2019), Global Traffic Scorecard Report 2018, https://inrix.com/scorecard/
4 pensieri riguardo “1.3 Il mercato immobiliare: il calo e la contro-gentrification di Roma”