È necessaria una tragedia per iniziare a preoccuparsi delle case popolari?

torre a fuoco
Flames and smoke billow from Grenfell Tower on the morning of 14 June. Photograph: Toby Melville/Reuters/ The Guardian

Di Chiara Prevete

Non molti giorni fa, in uno dei gruppi di Facebook “La voce degli inquilini dell’ATER”, compariva la foto di un muro ammuffito che recava la seguente didascalia: “ci chiedono di metterci la mascherina per uscire, ma guardate in che condizioni viviamo”.
È noto che il tema della casa popolare è da anni espulso dal dibattitto politico legislativo (e non solo) sia per una generale noncuranza della classe politica sui temi sociali – soprattutto quelli che si riferiscono ad una piccola porzione dell’elettorato – che per una reale complessità della materia. Una riforma dell’edilizia residenziale pubblica, infatti, richiederebbe studio, competenza e complessità di vedute, in quanto ad essa si connettono molteplici questioni, da quelle specifiche – come la tipicità e l’atipicità del contratto di lavoro, il reddito di cittadinanza, i tributi locali, l’efficientamento energetico – a quelle più generali – la sussidiarietà verticale e orizzontale, la regionalizzazione delle competenze, l’organizzazione e le funzioni amministrative, la partecipazione. Quest’ultimo, in particolare, è un altro tema fortemente ignorato dal legislatore, nonostante sia da anni al centro del dibattito pubblico. L’indifferenza, però, può avere delle conseguenze tragiche.

Nella notte del 14 giugno del 2017, nel quartiere di North Kensington, a Londra, divampava l’incendio di une delle alte torri destinate al social housing inglese, la Grenfell Tower. Quell’evento, noto anche come Grenfell Tragedy, ha dimostrato quanto sia pericoloso l’utilizzo di materiali di scarsa qualità nella ristrutturazione degli alloggi e come il semplice malfunzionamento di un impianto di riscaldamento, se ignorato, possa causare la morte di 72 persone e ferirne gravemente 70. Oltre che, naturalmente, portare alla privazione della casa più di 200 persone che sono dovute scappare dalle fiamme. Il senso più generale di ciò che è accaduto alla Grenfell si rintraccia sia nella responsabilità dello Stato, per aver abbandonato la fornitura di livelli minimi di sicurezza e protezione delle fasce sociali più vulnerabili[1] sia in quella degli enti gestori, per non aver ascoltato gli inquilini[2]. Una delle conseguenze derivate dalla perdita di vite umane, dai danni alla salute e alle case delle persone, quantomeno, è stata la richiesta al Governo e alle istituzioni, sia da parte dell’opinione pubblica che da tutto il mondo accademico, di una revisione degli standard di sicurezza degli alloggi e la conseguente riforma del social housing. Il perno centrale della nuova riforma è la tenant participation che si sostanzia nella presenza degli inquilini nel board delle housing associations. Queste ultime sono i soggetti deputati a fornire gli alloggi sociali inglesi, attraverso finanziamenti in parte pubblici e con un controllo centralizzato da parte di un organismo indipendente. Il sistema di housing inglese, infatti, conosce sia il council (che potremmo definire come la nostra edilizia residenziale pubblica) che il social housing (cioè il “terzo braccio” del sistema di fornitura di alloggi, oltre al e al privato).

Questo sistema nasce all’indomani della vendita su larga scala degli alloggi pubblici da parte delle local authorities alle housing associations, quale misura del right to buy del 1980, la più nota tra le politiche thatcheriane. Affianco alla costruzione di questo sistema sociale, in cui gli enti del terzo settore hanno di fatto sostituito il “pubblico” nel servizio di assegnazione di alloggi popolari, è nata e si è sviluppata la regolazione della tenant partecipation. Se, da un lato, le ragioni di fondo della nascita della democrazia partecipativa derivavano dall’esigenza di colmare, in qualche modo, il venir meno della democrazia rappresentativa, in seguito alla riduzione del ruolo dello Stato nella gestione dei servizi, dall’altro, fin dagli anni ottanta, la partecipazione degli inquilini negli alloggi pubblici e sociali è tema centrale nelle politiche statali inglesi.

A differenza dell’Italia, infatti, in cui sia la disciplina della casa che quella sulla partecipazione sono relegate ad un discorso regionale o locale, con tutto ciò che ne consegue in punto di disuguaglianze territoriali, in Inghilterra, la tenant participation, sin dal Town and Country Planning Act del 1968, è disciplinata con legge statale.

Ed è così che, nel 2020, il Governo inglese si è visto costretto a presentare una proposta di legge per favorire l’inclusione degli inquilini nei board delle housing associations[1], oltreché a prevedere ulteriori finanziamenti per organi e strutture destinate a gestire meglio l’housing popolare. È bene ricordare che questi enti “non profit”, nel tempo, per abbassare i costi di gestione, hanno esternalizzato la manutenzione degli alloggi a basso costo e azzerato la partecipazione degli inquilini. Se invece ci fosse stato un maggiore controllo sulle housing associations che, per mesi, hanno ignorato i reclami degli abitanti della Grenfell Tower che lamentavano un guasto dell’impianto di riscaldamento, forse si sarebbe evitata quella tragedia.

Bisogna sempre aspettare che accada una tragedia per dare un segnale alle istituzioni nazionali e locali? In Italia si parla molto di partecipazione e poco di alloggi popolari, ma per ambo i temi le iniziative legislative nazionali sono praticamente inesistenti. Ancorché sia difficile dover accettare che un servizio “pubblico” per la casa popolare come quello italiano (uno dei pochi in Europa) debba prendere lezioni dall’Inghilterra, bisogna ammettere che gli anglosassoni possano ancora insegnarci che la partecipazione e la casa sono un tema di cui debba occuparsi costantemente lo Stato: con strumenti, organizzazioni e tutele in concreto. Se poi domani ci dicessero che – tra i tanti attuali Ministri – venisse anche istituito un Ministry of Housing, Communities and Local Government, potremmo anche pensare di essere in uno Stato in cui si realizza in concreto il diritto all’abitare.

Per chi volesse approfondire, si consiglia il libro di Hodkinson.

safe as house

[1] The charter for social housing residents: social housing white paper, in https://www.gov.uk/government/publications/the-charter-for-social-housing-residents-social-housing-white-paper

[1] B. Bhandar, Organised State Abandonment: The Meaning of Grenfell, 2018, in www.thesociologicalreview.com.

[2] S. Hodkinson, Safe as houses: Private greed, political negligence and housing policy after Grenfell Stuart, Manchester University Press, 2019.

 

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